
Allo sportello legale del Naga di Milano siamo tutti volontari e ogni giorno apriamo l’ufficio dopo una lunga giornata di lavoro. A metà serata circa incontriamo una famiglia numerosa, dall’aspetto gioviale seppure visibilmente provata. Ci narrano la loro vicenda: di come sono arrivati in Italia, delle difficoltà a ottenere un permesso di soggiorno provvisorio, della fatica, o impossibilità, a svolgere un lavoro regolare e più o meno giustamente remunerato, degli esorbitanti affitti in nero, della dichiarazione di ospitalità che nessuno vuole fornire. E poi delle molte difficoltà nell’aprire un conto in banca, ad avere una tessera sanitaria, un pediatra per i figli… Tutte cose che conosciamo bene per averle ascoltate, e affrontate, molte volte.
La figlia che li accompagna ha capelli lucidi e disegna soli blu su un foglio bianco, mentre la madre l’accarezza con lo sguardo e il padre parla con noi in un buon italiano.
Dopo molte digressioni, arrivano al cuore della vicenda: chi doveva tutelarli li ha truffati, privandoli della possibilità di avere un permesso di soggiorno, sottraendo loro anche i risparmi, pochi, che avevano. Leggiamo i documenti, ascoltiamo e annotiamo i dettagli della vicenda, ci consultiamo e li congediamo dicendo che forse una strada c’è ma dobbiamo fare delle verifiche. La risposta all’ipotesi che abbiamo tracciato arriva a breve e sollevati, scriviamo loro un messaggio. La risposta la potete leggere qui:

Chiudiamo lo sportello un po’ svuotati anche noi: il sogno, o l’utopia, che ci muove e che fa, a noi e a chi migra, trovare strade dove ci sono solo mari, muri o deserti, si può dissolvere all’improvviso per un inciampo magari molto più banale, e affrontabile, di quelli incontrati, e superati, fino a quel momento. Domani è un altro giorno.
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