di Federico Bastiani
E’ iniziato un nuovo anno, sono passati cinque mesi da quando è iniziata l’avventura (non programmata) “Social street”. L’anno si è concluso con tante emozioni personali, il Flashmob natalizio che ha portato in strada in Via Fondazza tante persone che non si conoscevano ma che abitavano nella stessa strada, e poi Riccardo Luna che mi inserisce al numero 21 della lista dei Top 100 innovatori del 2013.
Social street è effettivamente una grande innovazione “sociale” e me ne rendo conto giorno dopo giorno, perché ci tengo a sottolinearlo, Social street non è un progetto nato a tavolino ma cresce quotidianamente grazie l’entusiasmo delle persone che lo animano, sia a livello virtuale che reale. Ormai le strade che hanno aderito al Social street sono oltre 150 inItalia, è recentemente partita una Social street in Nuova Zelanda ed a breve partiranno in Portogallo, Brasile e Croazia. Il motivo di questo successo? Penso che sia dovuto alla mancanza di regole ovvero all’unica riportato nei nostri scopi ovvero “conoscere chi ti vive accanto” .
Non siamo un’associazione, non abbiamo necessità per funzionare di creare strutture, divulgare regolamenti, diamo fiducia ai nostri vicini di casa (e di strade), apriamo le nostre case, cerchiamo di instaurare rapporti di fiducia che stanno alla base del funzionamento di Social street. Siamo la cittadinanza attiva che si auto organizza per costruire progetti condivisi, che nascono dal basso e portati avanti solo con l’entusiasmo delle persone in modo molto democratico. Sabato scorso ad esempio si è svolto il Mummy Cinema.
Tutto è nato grazie al Gruppo Residenti in Via Fondazza. Mia moglie, che fa parte del gruppo mamme, al primo incontro in strada ha scoperto che il nostro vicino di casa era anche il proprietario del Cinema di Via Fondazza. Questa semplice conoscenza, apertura verso il tuo vicino, ha permesso di sviluppare un progetto che aveva un obiettivo, invogliare le neomamme a non trascurare la passione per il cinema organizzando proiezioni ad hoc a loro dedicate. Iniziativa portata avanti a costo zero che ora si tenta di replicare a Genova.
Perché questo è l’ambizione del Social street, essere incubatore e replicatore di best practices in Italia, fare in modo che l’esperienza di una strada che raggiunge un obiettivo condiviso, possa essere di esperienza per le altre Social street. L’esempio di Via Fondazza è stato contagioso in questi mesi e le storie che mi vengono raccontate sono tante.
In Via Maiocchi a Milano Fulvio, Margherita ed Irene, che vivono nello stesso palazzo si sono conosciuti grazie al Social street. Irene che ha una certa età non riusciva a decifrare una bolletta, un post nel gruppo facebook, si sale le scale, si aiuta una persona e nasce un’amicizia. Oppure Elena che gestisce un’associazione per running per disabili sta organizzando un gruppo runners nella strada per partecipare alla Milano City Marathon. E poi c’è Chiara di Finale Ligure che ha inaugurato la sua Social street in piazza, invitando i suoi vicini a portare gli avanzi alimentari natalizi ed a scambiarseli, o la Social street di Tricase in provincia di Lecce, dove hanno pensato di organizzare la prossima raccolta di olive per produrre olio “social” aiutando e condividendo il raccolto.
Sono tutte queste piccole/grandi storie che creano il Social street giornalmente. Iniziano i primi scambi fra social streets, il weekend scorso sono venuti a trovarci da Milano i rappresentanti della Social street di Piazza San Luigi e di Via Padova , una giornata passata insieme per conoscerci e condividere le idee sullo sviluppo di questo progetto. Tanto entusiasmo, tante idee, tante energie positive che il Social street stimola e riesce a convogliare nella realizzazione di obiettivi comuni e condivisi.
* Questo articolo è stato pubblicato con il consenso dell’autore (fonte originale, il fatto quotidiano, Social streets, incubatrici di buone pratiche all’italiana)
DA LEGGERE
I genitori di una scuola molto interculturale come la Di Donato di piazza Vittorio, a Roma, gestiscono gratuitamente nel pomeriggio alcuni locali e il cortile. La scuola è diventata la nuova piazza del quartiere per attività sociali, sportive, culturali, ma anche per il mercatino e il Gas. Scuola pubblica, cioè partecipata
Abbiamo iniziato a condividere
Fuori dall’economia di sfruttamento: cooperazione e condivisione di beni e servizi
Gianluca Carmosino | Intorno alla condivisione di un orto oppure di un luogo di lavoro, attraverso il car pooling piuttosto che il baratto, migliaia di persone sperimentano modi diversi per stare in compagnia. Un incontro al Cinema Palazzo e un libro su cui ragionare. Insieme
John Holloway | Dobbiamo rompere la dinamica del capitale ma il modo di farlo non è proiettare il comunismo nel futuro. Serve riconoscere, creare, espandere e moltiplicare oggi i nostri “comunizares”. John Holloway declina al plurale i molti e diversi esempi di “mettere in comune”
L’oceano della vita quotidiana Raúl Zibechi |La «vita materiale o quotidiana», il grande rimosso delle teorie rivoluzionarie
Alex Corlazzoli Ricomporre le relazioni sociali, condividere: ecco le banche del tempo informali
Il nuovo Decalogo di Robin Hood
Rifiutare il capitalismo, fare un modo diverso, ogni giorno … Credito alternativo, consumo locale, condivisione di beni, servizi, spazi…
Le università popolari del dopocrisi
Serge Latouche | Se è escluso che non si possa rovesciare frontalmente il capitale resta la dissidenza, come quella degli zapatisti. Ovunque fioriscono gruppi e si sperimentano azioni di dissidenza. La decrescita è parte di tutto questo: è «slogan», sfida globale, utopia concreta
L’era del consumo collaborativo
Car-sharing e car-pooling, raccolta fondi critica: in America latina è boom
DA VEDERE
Mummy Cinema Bologna