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Sono le persone a fare la città

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di Paolo Cacciari*

Nel mezzo di quello che dovrebbe essere il “nuovo centro” di Milano, dove una volta sorgevano il “malfamato” quartiere Isola e lo scalo ferroviario delle ex Varesine, dal 2001 resiste miracolosamente la Stecca, un luogo di aggregazione sociale di quartiere autogestito da una rete di associazioni (ADA Stecca www.lastecca.org) che, dopo infinite vicissitudini, occupazioni, sfratti, demolizioni, acquartieramenti provvisori, quattro anni fa ha ottenuto dal Comune l’uso di un nuovo edificio. Nel frattempo tutt’intorno sono sorti come funghi i grattacieli dell’Unicredit e della Regione Lombardia – che si specchiano l’un l’altro sulle pareti di vetrocemento (convesse le prime, concave le seconde) -, vari real estate di lusso, uno dei quali mascherato da “bosco verticale”, un mega centro polivalente a forma di balena, la sede della HSBC e molto altro ancora.

Ironia della sorte, a fianco della Stecca c’è la Fondazione Catella, di quel Manfredi (a.d. della multinazionale Coima) che ha preso il posto di Ligresti nella Milano del mattone. Chissà se qualche domenica fa “il registra della grande trasformazione di Milano”, “l’uomo che cambia lo skayline”… si sarà accorto della festa organizzata dalle associazioni per il compleanno della sede della Stecca con tanto di banda e coro che intonavano l’Internazionale. C’erano: una frotta di bambini figli di egiziani che studiano qui l’arabo (richiesto dall’Ambasciata per mantenere la doppia cittadinanza), la solita folla del mercatino settimanale di ortofrutta biologica (gestito da Aiab) e i partecipanti ad un convegno sulla rigenerazione urbana, sul riuso anche temporaneo degli immobili non o male utilizzati e sulle nuove forme dell’economia solidale collaborativa organizzato dalle associazioni Temporiuso.net, Architetti senza frontiere, Cantieri Isola, la Compagnia del Parco di Legambiente ed altri tra cui il pittore Francesco Magli. Isabella ha raccontato la storia della Stecca come “spazio condensatore” delle energie del quartiere. Lidia, capa della falegnameria sociale, ha mostrato come funziona il laboratorio a disposizione di chiunque voglia imparare a costruirsi i mobili da sé. Nicol, responsabile dell’officina, ha spiegato come si fa a riciclare le biciclette. Il grande spazio comune al piano superiore è invece gestito a rotazione per attività culturali, corsi, cene sociali.

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Al convegno hanno partecipato anche l’assessora alle politiche del lavoro Cristina Tajani e Annibale D’Elia, già responsabile del programma Bollenti Spiriti della Regione Puglia. Tutti erano d’accordo sull’idea che debbano essere le persone a fare le città: city makers. Le tecnologie e le piattaforme informatiche possono essere molto utili per mettere in comune conoscenze e saperi, ma ciò che conferisce senso alle azioni collettive sono le motivazioni e le intenzioni delle persone. Le istituzioni non possono diventare notai dell’efficienza e dell’economicità della cosa pubblica, è stato detto. La dimensione umana di un condominio, di un quartiere, di una città si misura con altri strumenti.

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* Autore di articoli e saggi sulla decrescita e sui temi dei beni comuni (l’articolo di questa pagina è stato pubblicato anche da Left), ha aderito alla campagna Facciamo Comune insieme. Il suo ultimo libro è “101 Piccole rivoluzioni. Storie di economia solidale e buone pratiche dal basso” (Altreconomia). “Vie di fuga” (edito da Marotta&Cafiero) – un saggio splendido su crisi, beni comuni, lavoro e democrazia nella prospettiva della decrescita – è invece leggibile qui nella versione completa pdf (chiediamo un contributo di 1 euro).

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