Torri, palazzi, aree dismesse: quelli del collettivo milanese di Macao hanno voluto lasciare nella notte un segno in questi luoghi per «mettere a nudo le dimensioni fisiche della sottrazione di spazio, che fino ad oggi era solo un rimosso». Sugli edifici dismessi hanno scritto numeri a caratteri cubitali per rendere pubbliche «le dimensioni fisiche dell’abbandono». Tuttavia, dicono gli autori della protesta creativa, «la città non finisce con l’abbandono o la speculazione; è il luogo possibile dei sogni, rappresenta la geografia dei desideri. I luoghi allora sono molto più delle loro mura, della loro materia; sono simboli e aprono immaginari».
Hanno chiamato l’iniziativa «Non è mica la luna», ovvero il racconto di due città: «quella dell’abbandono e quella del desiderio», la prima è stata in qualche modo rivelata, la seconda, fanno sapere, sarà presto «messa in scena»….
Macao si conferma dunque un grande esperimento di costruzione dal basso di uno spazio dove produrre arte e cultura. «Apriamo Macao perché la cultura si riprenda con forza un pezzo di Milano – hanno scritto un anno fa -, in risposta a una storia che troppo spesso ha visto la città devastata per mano di professionisti di appalti pubblici, di spregiudicate concessioni edilizie, in una logica neo liberista che da sempre ha umiliato noi abitanti perseguendo un unico obiettivo: fare il profitto di pochi per escludere i molti… Siamo artisti, curatori, critici, guardia sala, grafici, performer, attori, danzatori, musicisti, scrittori, giornalisti, insegnanti d’arte, ricercatori, studenti, tutti coloro che operano nel mondo dell’arte e della cultura….».
Le foto di questo articolo sono state pubblicate nella pagina facebook di Macao: altre foto del blitz milanese sono in questa pagina.
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