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Certo, c’è un problema sicurezza

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Foto di L. Fornaris

Un normale turno di accoglienza, un pomeriggio di maggio. Da due giorni a Milano si parla di sicurezza ancora più del solito, per via di una brutta aggressione da parte di una persona con un evidente, non curato disagio psichico. Forse per questo, tra le tante storie che come al solito incrocio me ne saltano agli occhi tre, che mostrano limpidamente quanto la sicurezza, valore tanto sbandierato dalle nostre amministrazioni, manchi soprattutto alle persone immigrate, che hanno vite sempre a un passo dal disastro. 

S. ha un braccio al collo e viene da noi perché cerca un posto dove fare fisioterapia. Si è infortunata mentre lavorava come badante – in nero, perché la sua domanda per la sanatoria 2020 non è stata accolta. Il figlio della signora che cura non vuole che risulti che lei lavori in nero, quindi la manda in ospedale da sola e, quando viene a sapere che non potrà lavorare per un mese, le dice che per quel mese non riceverà lo stipendio. All’ospedale non le hanno fatto il codice STP (che le permetterebbe di proseguire le cure con l’SSN) e le hanno prescritto della fisioterapia dicendole di “andare al Naga”. (spoiler: noi non abbiamo un/una fisioterapista)

M. si è infortunato gravemente sul lavoro – in nero, ça va sans dire. Portato dall’ambulanza in una struttura convenzionata, gli è stato amputato un dito ma non gli è stato rilasciato un STP. Dorme in una casa abbandonata e gli sono stati rubati tutti i documenti, pertanto è estremamente difficile capire il suo status e quindi i suoi diritti. Nel frattempo viene trattato come solvente. Viene da noi per avere gli antibiotici e le bende per la medicazione che, dice, l’altro giorno si è cambiato da solo.

I. in Italia da dieci anni, parla un ottimo italiano. Ha un permesso, abita poco fuori Milano in una casa che affitta regolarmente e lavora in regola. Va in questura per rinnovare il permesso e lì viene a sapere che con le nuove disposizioni del governo non ne ha più diritto. Non riesce a credere che da un giorno all’altro potrebbe perdere tutto e finire in un CPR. Si precipita da noi. Sono le 16 ma decide di aspettare l’apertura dello sportello legale, alle 19. È terrorizzato.


Fonte: una testimonianza del Naga


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