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Gesti di disobbedienza

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di Mimmo Cortese

Credo che azioni come quelle accadute martedì 2 maggio, scene, come quelle viste alla Stazione di Milano, succedano perché il consenso di molti cittadini è altissimo.

Il consenso a queste scelte non si misura col numero degli urlatori, dei feroci, dei compiaciuti a vedere menar le mani, a maltrattare, non solo poveri ma soprattutto sgraditi e sgradevoli.
Il consenso si misura dal silenzio di tanti.
Il consenso si pesa con la paura – poco importa che sia ingiustificata e irrazionale.
Il consenso è un tipo speciale di indifferenza, quella che ti porta a valutare che, forse, anche le “umanità” possono andare a “due velocità”. Qualcuno sta più avanti, qualcuno più indietro. No, non dicono, che non potranno raggiungerci mai. Ma non qui, non ora!
Il consenso non è sanguinario. Il sangue non vuole – non vuole – “vederlo”.

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È giusto e doveroso lottare contro il decreto Caio (ha preso così tanti nomi in questi anni), stigmatizzare le dichiarazioni del politico Tizio (sono talmente evanescenti e acquosi), ma il compito principale di chi ritiene inaccettabile tutto ciò è ridurre, prosciugare, questo disperato consenso. Disperato.

Non è una cosa che si dice e si fa. È una scelta che si intraprende. Sono azioni che si costruiscono. Sono gesti che si imparano.

Nonostante Genova 2001 – ed io ero lì in quel luglio ventoso – nonostante le nefandezze, i delitti, le impunità, non riesco a considerare bersaglio non solo la Polizia ma nemmeno nessun agente.

Vorrei fare qualcosa – ah! Saperlo. – perché si manifestassero almeno dei gesti di disobbedienza. Dei “no, non ci sto”. Consegnatemi in caserma! Avviate una procedura disciplinare.

Nonostante tutto ciò, il mondo che prospetta questo consenso è già pieno di crepe fin dalle fondamenta. Non reggerà mai. La menzogna, la disparità, il veleno non hanno mai avuto nessuna strada davanti a loro, nessun futuro.

Dovremo molto, molto, lavorare ma indubitabilmente ce la faremo.


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